Documento Politico 2020 – SCRIVIAMO IL FUTURO

 

Il 2020, per il Sardegna Pride, è un anno senza corteo e senza assembramenti, ma con la stessa energia e forza politica di sempre.

I cortei sono infatti vietati, ma non è certamente vietato pensare, per constatare ancora una volta come sia necessario evidenziare la trascuratezza di alcune realtà nelle scelte politiche odierne.

La situazione d’emergenza legata alla pandemia ha evidenziato l’abisso tra l’enunciazione della salute come diritto fondamentale dell’individuo, garantito dalla Costituzione, e la realtà del nostro sistema sanitario.
L’obiettivo delle riforme sanitarie degli ultimi decenni è stato l’abbattimento dei costi, agendo con tagli indiscriminati piuttosto che sull’eliminazione degli sprechi e delle inefficienze, incentivati da un gran numero di pacchetti agevolativi che alimentano il consumismo sanitario.
Tali tagli, in Sardegna come nel resto d’Italia, hanno significato chiusura di reparti e ospedali sulla base della “produttività” e non sui bisogni reali della popolazione.
A mettere in forte discussione il nostro diritto alla salute nei periodi di normalità vi sono un esiguo numero di posti letto, tagli al personale, mancanza di dispositivi di protezione e carenza di medicinali, che diventano vera emergenza in situazioni come quella appena vissuta.
L’esperienza del nord Sardegna ha dimostrato come anche un esiguo numero di casi possa dare il colpo di grazia ad un sistema sanitario di per sè scarsamente efficace.
Ove l’assistenza sanitaria non funziona, la prevenzione diviene totalmente assente: nel campo delle malattie sessualmente trasmissibili e dell’HIV, lo scenario diventa drammatico, privando le e i pazienti di informazioni e ostacolando la verifica della propria condizione di salute. È forse per questo che malattie che pensavamo debellate, come la sifilide, sono tornate prepotentemente alla carica.
Prevenzione non significa solo informazione, ma anche monitoraggio: come nel caso dell’HIV, la verifica del proprio stato sierologico è considerato il primo vero “strumento di prevenzione”, permettendo di prendere adeguate terapie per preservare la propria salute ed evitare di diffondere il virus.
Merita particolare attenzione la situazione delle persone trans, che devono ancora pazientare per qualsiasi trattamento ormonale, intervento o terapia, in un percorso che si presenta irto di ostacoli anche in condizioni di normalità. La situazione espande dai medici di base oberati di lavoro all’impossibilità di reperire farmaci che richiedono regolare assunzione per il loro funzionamento.

La legislazione d’emergenza ha inoltre determinato una compressione dei diritti e delle libertà individuali: a causa delle restrizioni, le mura domestiche sono diventate in alcuni casi delle prigioni per chi subisce discriminazioni e violenze, soprattutto quando si è costretti a indossare una maschera di finzione sulla propria identità di genere e orientamento sessuale. Non conosciamo l’effettiva portata del fenomeno a causa del ridotto numero di denunce ma sappiamo che la violenza domestica LGBT+ esisteva prima dell’emergenza e continua a esistere oggi, aggravata dalla situazione che abbiamo vissuto negli ultimi mesi e che stiamo continuando a vivere.
È emersa, nella nostra società, una visione familista: dall’esclusione dei contatti tra figlie e figli di genitori intenzionali, qualora separati e non ancora riconosciuti da sentenza, alla possibilità di incontrare familiari di qualsiasi grado indipendentemente dagli affetti reali, non presenti nella derubricazione giuridica attuale.
Questo modello ha messo in crisi le relazioni informali, discriminando di fatto tutti quei legami che non sono riconosciuti legalmente, a partire dalle famiglie arcobaleno. Il concetto di famiglia sfugge alle classificazioni, ed è necessario il riconoscimento di tutte le relazioni, delle famiglie omogenitoriali, di ulteriori forme familiari non-coniugali e determinate dagli individui in base alle più svariate necessità ed esperienze di vita (economiche, affettive o di altra natura), senza tipizzazione.
Gli affetti e le relazioni non possono esser imposti o stabiliti da una legge, giuridica o scientifica, ma sono quelli vissuti e voluti, che ci permettono di guardare ad un futuro positivo, permettendoci di esser più libere e liberi, garantendo l’uguaglianza ed il rispetto di chi ci circonda.

La scelta più evidente da rivedere è quella comunicativa: ci è stato chiesto di mantenere le distanze sociali.
Dobbiamo essere distanti fisicamente, ma non socialmente.
Abbiamo trovato nuove forme di interazione e, seppure in modo diverso, continuiamo ad esser vicine e vicini, vivendo relazioni positive, costruttive, libere da pregiudizi ed etichette.
Siamo ovunque, con la nostra ricchezza e i nostri colori!

“Rimaniamo fisicamente distanti oggi per abbracciarci con più calore e manifestar più vivaci domani.”