SIAMO OVUNQUE

È il 2019, un anno ricco di anniversari per il movimento LGBTQI+.

Era, infatti, il 28 giugno 1969, quando Sylvia Rivera, Marsha P. Johnson e Stormé DeLarverie, insieme ad altre persone che frequentavano lo Stonewall Inn, presero coraggio e osarono ribellarsi contro l’ennesimo episodio di violenza perpetrato nei loro confronti dalla polizia di New York.

Era, inoltre, il 2 luglio 1994 quando Andrea Berardicurti, meglio noto come La Karl Du Pigné, allora segretario politico del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, e tante altre realtà, attiviste e attivisti, organizzarono a Roma il primo Gay Pride italiano.

Era, infine, il 2009, quando, il 16 maggio a Cagliari e il 30 maggio a Sassari, la Sardegna scese in piazza con le prime manifestazioni in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia (17 maggio, data in cui, nel 1990, l’Assemblea generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha cancellato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali).

Oggi, il Sardegna Pride non crede di vivere in un mondo peggiore di cinquanta, venticinque o dieci anni fa, ma ritiene che la lotta per il diritto all’autodeterminazione delle persone, nel corpo e nelle scelte di vita, non sia affatto conclusa. L’attuale discussione politica tende ancora a mostrare le differenze sessuali, etniche e religiose come uno spauracchio da cui difendersi, alimentando un sentimento di repulsione verso tutto ciò che non è conforme all’idea di “normalità” e, contemporaneamente, imponendo una società basata su modelli del passato.

Ma alla politica della paura fomentata, ultimamente troppo di moda, preferiamo controbattere con l’oggettiva realtà dei fatti. L’esaltazione della legittima difesa, quando i dati del Viminale dimostrano un calo costante di reati (tranne quelli legati al razzismo e all’omofobia, in continuo aumento), e l’ossessione per l’immigrazione, quando spesso si fugge dalla guerra, povertà e persecuzione delle persone LGBTQI+ (persecuzioni che arrivano fino alla pena di morte) sono solo due esempi di una narrazione che non ci piace, che tende a mettere le persone le une contro le altre invece di creare ponti di solidarietà, rispetto e cooperazione.

Un Paese unito può diventare un paese più ricco, ma un Paese diviso è più facile da governare. Per questa ragione, il Sardegna Pride vuole rimettere al centro del dibattito il progresso civile, che passa dalla richiesta di diritti, perché un diritto in più per una persona è una conquista per tutta la società.

OVUNQUE, SIAMO

> Siamo le insegnanti, gli operatori del sociale, il personale sanitario… Siamo l’esercito della cultura, della formazione e della cura delle persone, che ha la responsabilità contribuire alla coscienza di oggi e del domani: chiediamo a gran voce una formazione strutturata e statale, capace di contrastare la discriminazione verso le persone a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere, di aprire il dialogo fra le differenze, di prevenire le infezioni sessualmente trasmesse di cui ormai non si parla più. Una legge che in primo luogo contrasti, e che poi condanni adeguatamente l’omo-bi-transfobia è l’unica strada per creare un ambiente sociale fertile per far crescere i diritti delle persone LGBTQI+.

> Siamo le bambine e i bambini orfani di Stato, quando un nostro genitore non è riconosciuto come tale. Siamo il popolo silenzioso delle e dei minorenni, e chiediamo semplicemente di avere una famiglia, di averla per legge e per diritto e non per concessione o per sentenza. Il nostro è un grido soffocato, perché fin dalla tenera età dipendiamo dai tribunali, che stabiliscono se possiamo essere parenti per diritto delle nostre mamme e dei nostri padri.

> Siamo anche quelle donne che pretendono un dibattito serio sulla procreazione medicalmente assistita e sulla gestazione per altri. Va salvaguardato il principio fondamentale dell’autodeterminazione della donna, perché, al contrario, è dove mancano regole chiare che si presenta il rischio di trasformare PMA e GPA in attività di sfruttamento.

> Siamo le coppie e le persone single, e chiediamo leggi uguali per chiunque. Siamo tutte le donne e gli uomini che credono nell’articolo 2 della Costituzione e nella libera autodeterminazione dei ruoli sociali e dei rapporti interpersonali. Per noi, sia per chi intende sposarsi sia per chi non è intenzionato a farlo, il matrimonio egualitario è prima di tutto il simbolo della battaglia di uguaglianza, uno strumento di contrasto al ritorno dell’ideologia che vede il maschio bianco, eterosessuale, cisgender e occidentale, nuovamente al timone della nostra società (e della politica). No, non si può fare finta che non esistiamo. Verona non ci fa paura: non si può considerare un vero “Congresso sulle Famiglie”, molto caro al nostro Governo, quello che non riconosce famiglie diverse da quelle costituite da un uomo e una donna, quello che riconosce l’aborto come crimine e non come diritto garantito da una Legge dello Stato, quello che non riconosce l’omosessualità e la transessualità come “variante naturale del comportamento umano”.

> Siamo anche migranti SOGI (Sexual Orientation Gender Identity), che credono nelle convenzioni internazionali e nella Cassazione italiana, secondo cui la linea del rimpatrio in assenza di pericolo diretto ed immediato verso la persona è insostenibile, perché ci impone di dissimulare orientamento e identità in netto contrasto con il motto “Ovunque, siamo!”.

> Siamo le persone transgender, transessuali, MtF, FtM, ma anche terzo genere, persone non binarie, gender fluid, genere neutro, intersessuali… Siamo tutte persone che si sono stancate di essere discriminate solo in quanto una minoranza della popolazione, di essere considerate sbagliate perché non conformi alla norma, di essere costrette a lottare per ottenere le cure al benessere che dovrebbero essere garantite ad ogni cittadina e cittadino dello Stato. La nostra fatica principale è quella di prendere lo spazio che ci meritiamo come persone: lottiamo contro le istituzioni, anche sanitarie, che spesso adottano linguaggi e comportamenti figli dell’ignoranza, lottiamo nel mondo del lavoro per superare vecchi pregiudizi e lottiamo soprattutto per avere il diritto pieno di decidere liberamente come, se, e quando gestire la nostra identità e il nostro orientamento.

Sardegna Pride 2019

SIAMO OVUNQUE
OVUNQUE, SIAMO

Cagliari, sabato 6 luglio ore 17, piazza Michelangelo